Il 19 giugno 2023 le Nazioni Unite hanno approvato, dopo anni di negoziati, il Trattato per la protezione dell’Alto Mare (BBNJ Agreement – Biodiversity Beyond National Jurisdiction). Un accordo storico, definito da molti “l’Accordo di Parigi degli oceani”, destinato a salvaguardare oltre il 60% delle acque mondiali che si trovano al di fuori delle giurisdizioni nazionali. Eppure, a più di due anni dalla firma, il trattato non è ancora in vigore. Perché? Perché serve la ratifica di almeno 60 Stati e, ad oggi, siamo fermi a poco meno di 50.

Perché il trattato è cruciale
Gli oceani sono il polmone blu del pianeta: assorbono enormi quantità di CO₂, producono ossigeno, regolano il clima e ospitano una biodiversità unica. Ma sono minacciati da:
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Pesca eccessiva e industriale
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Inquinamento da plastica e sostanze chimiche
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Cambiamento climatico e acidificazione
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Distruzione degli habitat marini
Il trattato introduce strumenti concreti:
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Creazione di aree marine protette in alto mare
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Regole comuni per la valutazione d’impatto ambientale delle attività industriali
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Condivisione equa dei benefici genetici marini
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Cooperazione internazionale per la ricerca scientifica e la tutela ambientale
🚫 I ritardi delle ratifiche
Molti paesi hanno firmato, ma pochi hanno concluso l’iter parlamentare di ratifica. Tra i grandi assenti:
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🇮🇹 Italia
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🇺🇸 Stati Uniti
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🇨🇦 Canada
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🇬🇧 Regno Unito
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🇯🇵 Giappone
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🇳🇱 Paesi Bassi
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🇦🇷 Argentina
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🇳🇿 Nuova Zelanda
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🇺🇾 Uruguay
Si tratta in molti casi di potenze marittime che avrebbero un ruolo decisivo nella protezione degli oceani.
Il caso Italia: firma senza ratifica
L’Italia ha firmato il trattato il 20 settembre 2023, ma non ha ancora avviato l’iter legislativo per trasformare la firma in una ratifica ufficiale.
Questo immobilismo stride con le dichiarazioni di impegno alla transizione ecologica e alla tutela del mare espresse in contesti internazionali.
Il rischio? Perdere credibilità e ritardare l’entrata in vigore di uno strumento vitale per la sopravvivenza degli ecosistemi marini.
Una corsa contro il tempo
Se la soglia delle 60 ratifiche venisse raggiunta entro fine 2025, il trattato potrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2026.
Ogni mese di ritardo significa:
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Più plastica dispersa negli oceani
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Più habitat distrutti
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Più risorse marine sfruttate senza controllo
📢 Perché dobbiamo parlarne
Il destino degli oceani è il destino dell’umanità.
Senza un’azione coordinata e vincolante:
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Le specie marine continueranno a diminuire
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Le comunità costiere perderanno risorse vitali
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Il cambiamento climatico accelererà
La ratifica del trattato non è un atto simbolico, ma un passo concreto per salvaguardare il futuro del pianeta.
📣 Messaggio ai decisori politici
Non possiamo permetterci di restare spettatori. L’Italia deve ratificare subito il trattato ONU per la protezione degli oceani, unendosi agli Stati che già hanno fatto la loro parte. Il tempo per agire è ora: ogni ritardo è un regalo alla distruzione degli ecosistemi marini.
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