IMU enti non commerciali: il prezzo simbolico non va valutato sulla base delle istruzioni alla dichiarazione IMU

Pubblicato il 22 gennaio 2025 alle ore 10:20

L’ordinanza della Corte di Cassazione n.31298/2024 spiega a chiare lettere cosa si debba intendere per svolgimento di attività con modalità non commerciali, ritenendo inidoneo il ragionamento condotto dal MEF nelle istruzioni alla dichiarazione IMU.

L’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, d.lgs. n. 504 del 1992 va riconosciuta solo se le attività ivi elencate (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lett. a, della legge n. 22 del 1985) sono esercitate con modalità non commerciali. In particolare, come ha precisato l’art. 4, comma 3, lett. c, del regolamento, adottato dal Ministero delle Finanze, con decreto n. 200 del 2012, a cui rinvia l’art. 91-bis, comma 3, del d.l. n. 1 del 2012, conv. in legge n. 27 del 2012, le attività didattiche sono svolte con modalità non Corte di Cassazione se esercitate a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso.

Si è chiarito che per corrispettivo simbolico, ai fini dell'esenzione prevista dall’art. 7, lett. i, d.lgs. n. 504 del 1992, per l'attività didattica, in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell'Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto-remunerata rispetto agli standard medi (così Cass., Sez. T., 2 ottobre 2023, n. 27821). Quanto al d.m. 26 giugno 2014, contenente le istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni i.m.u. e t.a.s.i., questa Corte ha chiarito che le istruzioni ministeriali non possono vincolare l’interpretazione del dato normativo, sicché la valutazione della natura non commerciale dell’attività didattica non può esaurirsi nell’applicazione meccanica del parametro, consistente nel rapporto tra corrispettivo medio (CM) e costo medio per studente (CMS), previsto da tali istruzioni.

Tale parametro è stabilito in via generale, una volta per tutte, ed è funzionale ad una elaborazione forfettaria del requisito, mentre, in termini del tutto diversi, il dato normativo obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alla specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata (Cass.18831/2020; n. 3369/2019;n. 2019/13787, in motiv; 24308/2019; Cass. n. 10754/2017; Cass. n. 10483 del 2016; n. 19773 del 2019; n. 13970 del 2016). In definitiva, il d.m. 16 giugno 2014 introduce un parametro che si pone in contrasto con la norma gerarchicamente superiore, contenuta nel d.m. 200 del 2012, richiamata dalla legge n. 1 del 2012, limitandosi ad una valutazione astratta, che, peraltro, parte dal confronto tra entità non omogenee e, cioè, il corrispettivo effettivamente praticato in un dato contesto temporale e territoriale ed il costo medio del servizio per studente, calcolato dal Ministero, in base a dati raccolti su tutto il territorio nazionale, in cui esistono disparità, anche rilevanti, di costi.

Non assume, quindi, rilievo la rispondenza della retta scolastica ai limiti fissati in materia di “costo medio per studente” per l’anno di riferimento secondo la tabella redatta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sulla base delle istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione a fini dell’IMU per gli enti non commerciali in allegato al d.m. 26 giugno 2014, non ponendosi detti criteri in armonia con quanto stabilito dalla decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e del d.m. 200/2012 (v., amplius, sul punto, Cass. m. 17704/2024) A ciò si aggiunga che la natura simbolica del corrispettivo deve essere valutata anche in considerazione dei finanziamenti ricevuti dall’istituto scolastico, in quanto, laddove la retta, anche inferiore al costo del servizio, unitamente ai finanziamenti pubblici o anche privati, consenta di raggiungere o, comunque, perseguire il pareggio di bilancio, l’attività è svolta con metodo economico.

Infine, il carattere simbolico del corrispettivo non può essere presunto, ma deve essere dimostrato dal soggetto che invoca l’esenzione – ulteriore ragione per cui non può utilizzarsi, quale termine di confronto, il dato disomogeneo e scarsamente significativo del costo medio nazionale, per sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente.

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