PAESC nei Comuni italiani: quanti li hanno adottati davvero?

Pubblicato il 11 luglio 2025 alle ore 11:07

Analisi regionale, criticità applicative e buone pratiche locali

I Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) rappresentano oggi lo strumento principale attraverso cui gli enti locali possono contribuire concretamente agli obiettivi europei di neutralità climatica e adattamento. Eppure, a oltre 5 anni dall’adozione del nuovo Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia, il numero di Comuni italiani che hanno formalmente adottato un PAESC approvato in Consiglio resta sorprendentemente basso.

In questo articolo cerchiamo di fare il punto sulla situazione regionale, sulle principali criticità applicative e su alcuni casi virtuosi che possono fungere da guida per altre amministrazioni locali.

 

 

📊 Quanti Comuni hanno adottato un PAESC?

Secondo i dati aggiornati dalla piattaforma europea del Covenant of Mayors, in Italia al 2025:

  • oltre 4.200 Comuni hanno aderito formalmente al Patto dei Sindaci,

  • ma meno del 30% ha adottato e trasmesso un PAESC completo e validato.

  • Ancora meno quelli che hanno monitorato l’attuazione o approvato aggiornamenti post-COVID e PNRR.

📍Distribuzione regionale (dati aggregati 2025): Regione Comuni aderenti PAESC approvati % su Comuni totali

Regione Comuni aderenti PAESC approvati % su Comuni totali
Emilia-Romagna 268 112 41,7%
Piemonte 581 120 20,6%
Lombardia 992 186 18,8%
Toscana 261 102 39,0%
Veneto 527 134 25,4%
Campania 313 46 14,7%
Puglia 220 31 14,0%

👉 Emilia-Romagna, Toscana e Veneto risultano le regioni con i tassi più alti di approvazione. In ritardo molte realtà del Sud e gran parte dei piccoli Comuni montani.

🛠️ Criticità applicative: perché tanti PAESC restano sulla carta?

Nonostante l’adesione iniziale sia spesso frutto di entusiasmo politico o supporto tecnico gratuito (es. da ANCI o Regione), molti PAESC si arenano per motivi ricorrenti:

  1. Assenza di risorse dedicate: mancano uffici energia-clima o figure con competenze multidisciplinari.

  2. Difficoltà nel reperire i dati ambientali e energetici locali: scarsa interoperabilità tra settori e assenza di database georeferenziati.

  3. Fase attuativa non strutturata: i PAESC spesso non sono integrati nei DUP, nei bilanci o nei piani urbanistici.

  4. Scarsa comunicazione verso la cittadinanza, le imprese e le scuole (assenza di “ownership diffusa”).

  5. Piani datati o non aggiornati post-2020, privi di riferimento a eventi recenti come crisi energetica, inflazione, PNRR o nuove norme (es. comunità energetiche, CAM, DNSH).

🌟 Esempi virtuosi: chi sta facendo scuola?

🟢 Bologna – Ha integrato il PAESC nel Piano Urbanistico Generale e nel bilancio, con obiettivi di neutralità al 2030. Dashboard pubblica online per monitoraggio.

🟢 Prato – PAESC aggiornato al 2023 con focus su “climate justice” e povertà energetica. Prevista una cabina di regia multi-attore.

🟢 Padova – Gestione centralizzata del piano tramite un Ufficio Energia intercomunale, con oltre 50 Comuni aggregati.

🟢 Lecce – Progetto “Smart City” e PAESC unificato con PUMS, redatto con forte partecipazione pubblica e Open Data.

🟢 Varese – PAESC con obiettivi su foreste urbane, comunità energetiche, efficienza della rete idrica, messo a sistema con i progetti PNRR.

📑 Prospettive: dal PAESC all’amministrazione resiliente

Nel 2024, il MASE ha pubblicato nuove linee guida per l’integrazione dei PAESC nei documenti di programmazione triennale. Il futuro prossimo punta a:

  • Collegare PAESC, PUMS, PRGC, Bilancio e DUP

  • Adottare sistemi digitali per il monitoraggio automatizzato degli obiettivi

  • Stimolare formati intercomunali o di area vasta (es. Unioni, Province, enti gestori energia)

  • Integrare PAESC nei bandi del FESR e nella Strategia Nazionale per le Aree Interne

🔎 Conclusioni

Il PAESC non è un adempimento, ma un’opportunità. Un piano ben strutturato consente di orientare le politiche comunali, di attrarre finanziamenti nazionali e comunitari, e di aumentare la resilienza delle comunità locali ai cambiamenti in corso.

La sfida è superare l’approccio formale e passare a una reale pianificazione trasformativa, coniugando visione ambientale, programmazione economica e coinvolgimento civico.

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